/…/ Quindi bisogna che egli [l’architetto] sia uomo di talento, e riflessivo nella dottrina: perciocchè nè talento senza disciplina, nè disciplina senza talento non possono rendere perfetto un’artefice. Sia perciò egli letterato, esperto nel disegno, erudito nella geometria, e non ignorante d’ottica, istruito nell’aritmentica, siangli note non poche istorie, abbia udito con diligenza i filosofi, sappia di musica, non ignori la medicina, abbia cognizione delle leggi dei giurisprudenti, intenda l’astronomia e i moti del cielo /…/ Non sia egli parziale, nè abbia l’animo dedito a ricevere doni, ma con gravità sostenga il proprio decoro col riportarne buon nome/…/
[da “L’Architettura di Vitruvio – nella versione di Carlo Amati (1829-1830), Alinea ed., Firenze 1988]